Il 2023 ricorrono i 100 anni dalla nascita di due dei più illustri esponenti della cultura italiana nel mondo: Maria Callas e Franco Zeffirelli. Un duplice anniversario di tale importanza e prestigio che prevede omaggi nei cartelloni dei più importanti teatri e festival di tutto il mondo. Per questa occasione il Bel Canto Ensemble ha ideato la proposta Callas Forever, titolo ispirato all’omonimo film del 2002 diretto da Franco Zeffirelli e dedicato a Maria Callas, una conferenza-concerto a cura del Prof. Francesco Paolo Russo. La conferenza, impreziosita dagli esempi musicali dal vivo a cura del Bel Canto Ensemble e dalla proiezione delle più celebri testimonianze sulle collaborazioni tra i due artisti, illustrerà il percorso artistico che ha accostato Franco Zeffirelli e Maria Callas nella realizzazione di memorabili produzioni operistiche, imprescindibili fonti di ispirazione per chi intraprende lo studio del canto lirico, della regia lirica e del teatro musicale. Non quindi una semplice narrazione biografica dei due artisti, una proiezione di documentari o un concerto con musiche a tema, ma un evento che mette insieme tutte queste forme d’arte per far rivivere lo straordinario percorso umano e professionale dei due artisti. La conferenza potrà essere realizzata in lingua italiana, inglese, francese o spagnola.
LA “MIA” CALLAS FOREVER
[omaggio tratto dalle Pillole di spettacolo della Fondazione Zeffirelli; 20 aprile 2021]
«Provai subito un’istintiva antipatia per questa donna, e chiesi chi era. Il nome sembrava strano, una greca mai sentita prima». Fu Visconti a condurre il giovane Zeffirelli nel salotto del celebre direttore Tullio Serafin dove la voce divina di quella ragazza ancora un po’ goffa e sovrappeso incantò tutti i presenti: «non si può rendere appieno la tempesta di emozioni che suscitava in chi l’ascoltava per la prima volta». Zeffirelli segue l’ascesa trionfale della Callas tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi degli anni Cinquanta, la conquista del mondo e l’assedio alla Scala dove rientrò trionfante aprendo la stagione ‘51-’52 nei Vespri Siciliani con la direzione di Victor De Sabata. Il giovane Zeffirelli è rapito dalla voce e dalla personalità forte e travolgente del soprano, ormai un fenomeno a livello mondiale: «Quando lavoravo alla Piccola Scala a Milano, mi capitava spesso di raggiungere Maria in quinta durante una delle sue recite, prima che entras-se in scena. Discuteva nervosamente con la devotissima Bruna di faccende domestiche, le più insignificanti…quando la chiamavano perché toccava a lei, tirava un respiro profondo, si faceva il segno della croce alla maniera ortodossa, ed entrava in scena; esplodendo nel ruolo fin dal primo istante. Quella voce che aveva appena discusso con la cameriera di banali problemi quotidiani, diventava di colpo la voce di un’altra creatura, veniva da un altro universo. Assistevi a un prodigio che ti trascinava in uno stato d’incantata esaltazione, senza che lo potessi definire». Arrivò finalmente anche per Zeffirelli regista, l’occasione per lavorare con Maria Callas. Nel 1955, con Il Turco in Italia, Zeffirelli cura la regia, le scene e i costumi. Durante la produzione dell’opera, il rapporto tra Maria Callas e Zeffirelli diventa più solido e complice. L’opera buffa in cui Maria Callas sfoggia «un’insospettata vena comica» inaugura un’intensa collaborazione tra i due che si concretizzerà nei grandi successi di Dallas (La Traviata del ’58, Lucia di Lammermoor e Il Barbiere di Siviglia del ’59) fino ad arrivare, diversi anni dopo, alla Tosca e alla Norma del ’64. «Per me Maria era l’opera» e vederla «che si avventurava ora verso rive tanto estranee al nostro mondo, al suo mondo, nel quale aveva toccato traguardi ritenuti irraggiungibili, mi fece sentire tradito, quasi come il povero Meneghini». Presto il ricchissimo armatore greco Aristotele Onassis entra prepotente nella vita di Maria Callas oscurando la sua luminosa im-magine pubblica e segnando l’inizio del suo declino emotivo e artistico. Per affetto nei confronti della donna, ma anche per il rispetto e la venerazione nei confronti del Soprano, Zeffirelli si adopera per il ritorno sulle scene di Maria Callas. È la passionale e istintiva Tosca con le tante similitudini con la sua storia personale, che conducono nuovamente la Divina «a imperare, sovrana di ineguagliabile dimensione, nel mondo e nella storia dell’opera». Nel 1964 a Londra la Tosca di Puccini restituisce al mondo la grandezza di Maria Callas. Ciò nonostante pochi mesi dopo, con la difficile interpretazione di Norma, «Maria comprese tristemente…, e noi con lei, che la Callas assoluta e totale non esisteva più». I tentativi che seguirono, agli inizi degli anni Settanta, degli amici e in primis di Zeffirelli, di riportare la Callas sulle scene furono vani. L’incoronazione di Poppea, da mettere in scena nella piazza del Campidoglio e una nuova produzione colossal della Vedova allegra di Lehar al Covent Garden non andarono mai in porto. Maria Callas muore il 16 settembre 1977 nel suo appartamento parigino mettendo fine a due donne completamente diverse tra loro: «Maria, la donna che voleva amare ed essere amata, e la Callas, la diva solitaria, una vestale sacrificata sull’altare dell’arte». Le iniziali richieste di girare un film su Maria Callas, in virtù della lunga amicizia del Maestro con il Soprano, vertevano da principio sulla volontà di rappresentare il dramma personale e affettivo della Divina: il triangolo Callas-Onassis-Jacqueline sicuramente avrebbe soddisfatto la curiosità del pubblico. La lettura di Zeffirelli volle però essere completamente diversa, scegliendo la finzione, inducendo al sogno mai realizzato: e se la Callas avesse accettato di girare il film opera di Carmen che tante volte il Maestro le aveva proposto? Sarebbe stato bellissimo, sarebbe stato perfetto, avrebbe consacrato e donato al mondo l’interpretazione dell’artista matura con la voce perfetta dell’incisione discografica di dodici anni prima (1964), avrebbe esaudito il desiderio del Maestro di voler imprimere per sempre sulla pellicola il miracolo di tanta perfezione. «Maria, con la sua arroganza tutta greca, si rifiutò di accettare che il suo spirito fosse travolto dal declino della materia. Così lo fece appassire, momento per momento, giorno dopo giorno. Questa fu la sua vera tragedia, e non è materia facile da narrare in un film. Ma io scelsi proprio di percorrere questa difficilissima strada. Fu la mia idea portante: come fermare un declino con l’ausilio e la complicità dei mezzi tecnici. Una speranza, ahimè, fallace, perché nulla e nessuno potrà mai arrestare l’incedere spietato del tempo».